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martedì 31 marzo 2015

L'Etna in eruzione

Succede così.
Arrivi in un posto e ti senti subito a casa, col trasporto epidermico che si prova in pochi luoghi nella vita, con un pizzico di fortuna.
Entrai da Salmoriglio per la prima volta poco meno di due anni fa. Era una delle prime cene romantiche col mio uomo, che m’aveva aspettato fino alle dieci e mezzo di sera. C’era il tavolo riservato, col suo nome scritto su un bigliettino e il loro storico cameriere Diego pronto a farci degustare un ottimo olio con un cestino di pane e crostini profumati. Quella sera non sapevo che sarebbe diventata una consuetudine per me, intingere quei croccanti nel prezioso piattino che contiene il succo d’oliva più buono del mondo, prodotto pochi chilometri più in là. E non sapevo ancora, d’altro canto, che ogni sera libera a venire l’avremmo trascorsa al Salmoriglio, a provare i menu nuovi, a farci coccolare dopo una settimana di stress e pranzi veloci, panini al volo solitari e paste scotte varie. C’era il piacere di sedersi, lui ed io, mangiare tanto e bene, i calici pieni di buon vino o birra artigianale, e tutte le nostre portate del cuore. Così, questo posto è diventato per me – non solo un buon ristorante che ho consigliato – ma un luogo del cuore. Un luogo dove venivamo a festeggiare anche nulla, solo i nostri palati, solo per il piacere di farlo.

Non mangiavo pesce.
E non lo mangiavo da qualcosa come cinque anni, ragione per la quale, durante quel famoso primo 
tête-à-tête in un tavolo per due, ordinai un risotto alla zucca rossa e formaggio caprino, che ha segnato il mio ingresso ufficiale nel mondo dei sapori, quelli veri, forti, buoni. Però si sa, se uno chef è bravo può farti mangiare – quasi – tutto, ed io, di chef bravi ne ho beccati due. Inutile dire che alla terza cena piluccai una sarda a beccafico con una spruzzata di aceto di birra dal piatto del mio compagno, e alla quarta ordinai ravioli ripieni di cernia e carpaccio di calamaro. Così via per le cene a venire, che hanno visto il mio amore di coppia crescere in maniera direttamente proporzionale a quello per il cibo, nella fattispecie il cibo della cucina dei fratelli Ravanà, Enzo ed Alessandro, che sono diventati  miei amici al punto di darmi la fiducia di questo progetto: raccontarvi cos'accade dentro il loro ristorante, soprattutto nei loro piatti, il concept che li ispira, la cultura del vivere felici dentro ogni cucchiaiata, il ritmo lento con cui si affonda il coltello nel filetto di manzo e lo si cosparge di crema ai formaggi calda e fragrante, la ritualità che è alla base del godere ad ogni morso. Il bel mangiare, o per così dire, alla maniera nostra, 'u Beddu Manciari.

In questo blog vi racconterò di come ci (ormai m'includo, no?) ci piace scegliere le cose buone, a chilometro zero, che fanno tanto bene al nostro corpo ma anche alla nostra economia - chè è importante fare network, scegliere i vicini di casa, far crescere un territorio - di come entrando io abbia sempre trovato il sorriso di Donatella, Alessandra e Irene ad aprirmi la porta e a consigliarmi sul menu nuovo o sull'accompagnamento di un vino di qualità, e di come a fine serata, sia bello e perfino poetico il quarto d'ora passato con lo chef, a bere un ottimo amaro e farmi raccontare la cultura del mangiare, del creare alchimia tra gli elementi con un soffritto giusto, con una riduzione gustosa, con un'amalgama di passioni. Ma oggi, per inaugurare il food blog Beddu Manciari mi limiterò a farvi vedere L'Etna in eruzione, uno dei piatti che più m'ha rapito il cuore - da buona forchetta quale sono - ed attualmente nel menù del ristorante: gnocchetti al nero di seppia, su un letto di pomodoro datterino e crostacei. Il primo  più dolce, morbido e saporito che avessi mai assaggiato. 



Per fortuna, la cucina è magia ed io avrò ancora molti bei risultati da raccontarvi.
Stay tuned, continuate a leggerci e buon appetito.

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